È risaputo che usare la bicicletta, mangiare meno carne, produrre meno rifiuti possibile, fa bene al pianeta. Essere ciclisti, vegani o zero-wasters sembra avere l’effetto contrario. Come mai? Una ricerca dell’università di Bath, in Inghilterra, ha analizzato la scelta di adottare comportamenti green, osservando come sia alla base della creazione di un’identità sociale e – pertanto – abbia effetti anche nel confronto intergruppi. Ma facciamo qualche passo indietro.
Identità di gruppo
Secondo alcune teorie della psicologia sociale, il sentimento di appartenenza a un gruppo è molto semplice da innescare. Infatti, basta spesso sottolineare a una persona l’esistenza (reale o meno) di due gruppi distinti all’interno di un certo ambiente perché questa senta di appartenere all’uno piuttosto che all’altro. Non solo, alcuni esperimenti hanno dimostrato che un sentimento di appartenenza generato in modo così rapido (ad esempio dicendo alle persone che, all’interno di un test, si erano collocate in un gruppo con determinate caratteristiche percettive piuttosto che in un altro, in maniera assolutamente casuale) è sufficiente ad aumentare la percezione delle somiglianze con i membri del proprio stesso gruppo e delle differenze con i membri dell’altro, e addirittura a favorire il proprio gruppo a discapito dell’altro in una situazione di confronto.
Tutti questi meccanismi hanno una natura motivazionale: l’appartenenza a un gruppo contribuisce a comporre l’identità sociale di un individuo, che dunque sarà motivato ad attribuire caratteristiche positive al proprio gruppo in modo preferenziale. Infine, è importante considerare che l’identità sociale di una persona diventa più o meno rilevante a seconda del contesto: per esempio, una persona che ha scelto di non mangiare carne si sentirà molto più un vegetariano a una grigliata rispetto a quando passa una serata in discoteca.
Ascolto, confronto, cambiamento
Secondo lo studio riportato, l’adozione di comportamenti green ha buone probabilità di innescare questi processi, indipendentemente dalla volontà di chi li mette in atto. Infatti, spesso le scelte che hanno un impatto positivo significativo a livello ambientale sono ancora minoritarie, vale a dire che sono messe in atto da poche persone, che hanno così buone probabilità di sentirsi parte di un gruppo sociale. E anche se così non fosse, ovvero se qualcuno amasse utilizzare la bicicletta, pur non identificandosi con i ciclisti come gruppo, sarebbe probabilmente identificato come tale dagli altri, in particolar modo in un ipotetico litigio con un automobilista per questioni di precedenza…
Nel momento stesso in cui quella ragazza che ha deciso di ridurre il consumo di prodotti animali o quel signore che ha deciso di utilizzare di meno la macchina per andare al lavoro diventano la vegana e il ciclista, le probabilità che chi si sente escluso da questi gruppi (che magari esistono solamente davanti ad una costina, o sulle strisce pedonali) ascolti le ragioni che stanno alla base delle loro scelte e si converta a qualcuna di queste, diminuiscono di colpo. Un bel problema per chi vuole salvare il mondo dai cambiamenti climatici, che richiedono un cambiamento sociale ancor prima che individuale.
Come possiamo, dunque, evitare di distruggere il pianeta nel tentativo di salvarlo?
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