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Etichette, il primo problema degli ambientalisti

Etichette, primo problema degli ambientalisti
Etichette, primo problema degli ambientalisti

Le etichette sulla frutta, si sa, non sono mai piaciute agli ambientalisti: appiccicano e sono di plastica usa e getta; o forse anche solo “getta”, se non che il loro unico scopo è quello di ricordarti chi è che ti ha portato sul tavolo quella banana ancora un po’ verdognola. Tuttavia, oltre a un pizzico di irritazione per quello che pare uno spreco inutile, nessuna folla oceanica è mai scesa in piazza per rimuovere le etichette dalla frutta.

Tutt’un altro peso hanno le etichette sulle persone. Appiccicano molto e, stampate nel bel mezzo del volto, hanno il brutto vizio di tappare la bocca di chi parla. D’altra parte, è più pratico leggere un’etichetta che ascoltare mille discorsi noiosi, si fa prima, soprattutto nelle nostre giornate frenetiche.

Alcune di esse recitano donna, vecchia, finocchio, radical chic, fascio, figlio di papà, ambientalista, facile trovarne. E ognuna di queste porta stampati in piccolo i simbolini di altre etichette, di modo che all’acuto osservatore non servirà parecchio tempo per capire più o meno tutto di chi si trova davanti e figurarsi, con buona approssimazione, tutte le belle parole che questi gli potrebbe dire, senza inutili fronzoli.

Sono queste le etichette che più ci dovrebbero preoccupare, ambientalisti e non. Sì, perché se ci abbandoniamo alla facilità e alla praticità di leggere solo ciò che c’è scritto sopra e tappiamo la bocca che ci sta sotto, troviamo un mondo fatto non più di persone e sfumature, ma di scrittine e simbolini. Dobbiamo prenderci la briga di levare quell’etichetta, come si fa con la frutta, e guardare veramente che cosa ci sta dietro. Scopriremo che dietro un finocchio ci sta una persona che soffre per poter amare chi gli pare, dietro una vecchia c’è una donna che ha qualche cosa da insegnare, che dietro un fascio c’è un uomo che ha paura di perdere il lavoro. Infine, che dietro il radical chic ambientalista ci sta un ragazzino che ama il posto in cui vive e teme di poterlo perdere. 

Nella lotta al cambiamento climatico, come in molte altre sfide dei giorni nostri, questa è una comodità che non ci possiamo permettere. Dobbiamo fare lo sforzo di staccare quell’etichetta per guardarci veramente negli occhi, perché questa è una partita che dobbiamo giocare insieme, e dobbiamo scrivere le regole tutti e tutte assieme. Senza dimenticarci del ragazzino che vuole ancora vedere la neve in montagna, né di quell’uomo che deve portare a casa il pane per un altro ragazzino: troviamo il coraggio di fare questo grande sforzo di memoria.

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Gabriele Messori

22 anni, studente di Psicologia. Overthinker di professione, scrivere mi aiuta spesso ad attaccare i pensieri ad una pagina prima che volino via di nuovo. Ho particolarmente a cuore le tematiche ambientali e da qualche tempo faccio parte del movimento Fridays for Future.

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