Se dovessimo raccontare la storia dell’Italia e della società italiana dal secondo dopoguerra ad oggi alle giovani generazioni e a chi viene dall’estero, fra gli strumenti più efficaci troveremmo indubbiamente alcuni brani musicali e le scene più singolari del Festival della canzone italiana o, più semplicemente, di Sanremo. Per milioni italiani (e non solo) è l’evento dell’anno, una sorta di “settimana santa” o di Natale laici, per altri il trampolino di lancio o l’occasione per riaffacciarsi al grande pubblico. In ogni caso, si tratta del palcoscenico nel quale idee e valori sociali, politici, etici e morali sono i protagonisti invisibili e che, anche quando fatti uscire forzatamente dalla porta, rientrano dalla finestra.
Musica per risollevarsi…
Eppure il Festival non ha rappresentato fin dall’inizio ciò che è ora. Anzi, la sua nascita è dovuta a una coincidenza frutto di una convergenza di interessi: a cavallo fra gli anni ’40 e ’50 l’allora Radio Audizioni Italiane (Rai) vuole andare incontro agli editori musicali per svecchiare il suo repertorio e contemporaneamente il Casinò di Sanremo cerca un evento da mettere in cartellone alla fine di gennaio per trattenere in riviera chi vi passava le feste natalizie. Dall’edizione del 1955 Sanremo approda così in Tv e inizia progressivamente a essere visto e apprezzato da un pubblico molto più vasto e mediamente meno altolocato di quello tipico del Casinò.
Pochi anni dopo, nel 1958, l’Italia si fa conoscere in tutto il mondo tramite la canzone diventata praticamente da subito icona del Festival e della musica italiana: Nel blu dipinto di blu di Domenico Modugno, ribattezzata Volare. Siamo nel momento in cui il Paese sta volando in alto dopo la caduta rovinosa della guerra, in cui cittadini si sentono uniti nell’abbraccio simbolico che il cantautore accenna mentre intona il ritornello, gesto immortalato in diverse fotografie e disegni.
Ritroviamo invece nelle canzoni di Mina, Gigliola Cinguetti, Ornella Vanoni, Nada, e soprattutto nella Nessuno mi può giudicare (1966) di Caterina Caselli il simbolo della lotta per l’emancipazione femminile e giovanile che si consuma negli anni ’60.
Nel 1967 il suicidio di Luigi Tenco dopo aver cantato Ciao amore, ciao, brano che parla di migrazione contadina – tema centrale nella storia recente della penisola –, chiude simbolicamente un’epoca e lascia il passo a un ricambio generazionale. Arriva così una prima crisi nella storia del Festival, superata definitivamente col passaggio al teatro Ariston come sede dell’evento (1977) e dall’avvento di nuovi brillanti presentatori come Pippo Baudo e più grandi budget da spendere.
…e per riderci su
E non a caso risale a questo nuovo periodo di fermento una canzone emblema dell’italianità, L’italiano di Toto Cutugno; dopo anni di piombo e di tensione e con il fenomeno nazionale della mafia in preoccupante aumento, nel 1983 gli italiani sembrano poter andare fieri solo della vittoria ai mondiali dell’anno precedente, ma nelle parole del compositore toscano si riscopre l’unicità della cultura e delle tradizioni del Bel Paese.
Non manca però chi l’Italia la sa esaltare e criticare in modo parodico e divertente, come gli Elio e le storie tese ne La terra di cachi (1996) e chi infonde quest’aria da commedia alla stessa conduzione del Festival, come Raimondo Vianello (1998).
L’ascesa dei talent show all’inizio degli anni duemila pone Sanremo e il mondo della musica di fronte a una nuova crisi e alla necessità di adattarsi ai tempi che cambiano.
Il ruolo da selezionatore dei testi e dei cantanti che ricopre il direttore artistico è l’ago della bilancia di un successo o di un fallimento. Emergono altri scenari nei quali si mettono in mostra soprattutto giovani che portano, tra le altre cose, nuovi generi musicali: rap, trap e forme rivisitate in senso pop del rock.
L’edizione del 2021, pur essendo la prima e finora unica senza pubblico all’Ariston, ha lanciato a livello internazionale la band che in assoluto incarna i principi di chi è nato nel ventunesimo secolo, i Måneskin, che, come si evince dalla traduzione del termine danese, vogliono essere con la loro musica il “chiaro di luna” per chi è nel buio.
Un legame indissolubile
Questa veloce carrellata di personaggi, canzoni e vicende fornisce solo un assaggio di ciò che è realmente il Festival di Sanremo e chiaramente manca di alcuni passaggi che, a seconda dei punti di vista, possono risultare anche chiave. Ha il solo scopo di fare emergere il legame indissolubile che questo evento peculiare e – ancora di più – la musica in generale hanno con la storia, la cultura e la vita di una nazione e dei suoi cittadini.
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