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The Expanse, ovvero l’onestà interplanetaria

James S. A. Corey non esiste. O, meglio, esiste, ma sono due persone: Daniel Abraham e Ty Franck. Si tratta di autori di fantascienza di lungo pelo, collaboratori di gente del livello di George R. R. Martin e vincitori di svariati premi letterari. Con lo pseudonimo di James S. A. Corey hanno dato vita, nel 2011, alla serie di romanzi The Expanse, con il libro Leviathan Wakes (tradotto Leviathan – Il risveglio). Ad oggi i libri sono otto e il prossimo, stando a quanto dice l’autorevole goodreads.com, dovrebbe uscire a luglio 2020. E dovrebbe essere l’ultimo. Inoltre sono stati prodotti vari spin-off, prequel e midquel che ne arricchiscono il mondo narrativo. Dal 2015 è stata creata anche una serie televisiva omonima, che consta oggi di quattro stagioni (e la quinta è in produzione).

In quarantena leggo di più

Mi sono imbattuto in questa serie di romanzi all’inizio della quarantena del covid-19. Mio fratello insisteva già da un po’ («è una serie fenomenale! Non rimpiangerai Asimov!») e, chiuso in stanza ad annoiarmi, non avevo scuse: il tempo per leggere qualcosa non mancava. Tralasciando il fatto che il primo libro parla di un terribile virus alieno ad altissima morbilità che minaccia l’esistenza dell’intero sistema solare (grazie, fratello, per questa lettura rincuorante), comunque ho continuato a leggere con gusto crescente. Ad oggi ho per le mani il terzo romanzo, Abaddon’s Gate – La fuga e lo devo ammettere: mio fratello aveva ragione.

Lo stile è terribilmente coinvolgente, miscelando un buon equilibrio tra introspezione e rapidità dinamica dell’azione. Forse un po’ prevedibile, ma godibilissima, la ripetuta e inesorabile struttura “a-crescendo”, per la quale la velocità degli eventi è inversamente proporzionale al numero di pagine mancanti per concludere il libro: più si avanti, più tutto è veloce.

La strategia di creare un mondo (o, meglio, una serie di mondi) così ben strutturato ricorda molto Asimov (e per gli appassionati di fantascienza come me questo è un grandissimo complimento). La leggerezza della narrazione e la crudità di certe dinamiche risultano però evidentemente più moderne (per certi versi ricorda un po’ Games of Thrones).

L’onestà nello spazio

La figura di Holden, capitano dell’astronave Rocinante, che possiamo considerare il protagonista della serie, ha due particolarità che lo contraddistinguono da tutti gli altri avventurieri spaziali: è onesto e tiene al suo equipaggio. Non è un candido innocente, ma reputa la trasparenza e la condivisione le chiavi per uscire, almeno a lungo termine, da qualunque problema. Inoltre, di fronte alla possibilità di conflitti interplanetari, egli ha a cuore una cosa: la salute e la sicurezza dei suoi amici e compagni.

Questo dato fa riflettere, soprattutto in un mondo, quello attuale, in cui le fake news sono all’ordine del giorno e in cui algoritmi di IA come deepfake sono in grado di mistificare e distorcere con preoccupante facilità. Pure dal punto di vista scientifico, in questi giorni assistiamo a uno stratificarsi di informazioni varie e a volte contraddittorie, che confondono, mortificano e incoraggiano al tempo stesso.

Holden va sempre avanti con la sua idea: attenzione e cura delle persone che ha più vicino, nella trasparenza. Non è decisamente una serie buonista: questa “armatura immacolata” fa spesso rima con ingenuità e provoca al capitano molti problemi, gli fa spesso sfiorare conflitti catastrofici e incontrare nemici mortali. Ma, nella serie The Expanse, l’eroe che vince è lui.

Fantascienza?

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Marco Mazzotti

Classe 1983. In ordine: ingegnere elettronico, poi dehoniano, poi prete. Ora mi appassiona ascoltare le persone, lavorare con i giovani, studiare psicologia e antropologia.

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