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Ripartire con un percorso universitario: intervista doppia

Sono tante le cose che fanno di Matteo e Francesca una coppia affiatata e fondata su valori solidi e condivisi: una passione improbabile per la zuppa di zucca, tanto per dirne una. Oppure il fatto di aver sempre ritenuto centrale, nel loro cammino di crescita, lo studio e in particolare il percorso universitario. È per questo che, da un anno a questa parte, Francesca e Matteo non sono solo una giovanissima coppia di sposi, ma vivono la loro quotidianità da studenti dell’Università di Modena, entrambi con percorso accademico del tutto particolare alle spalle, fatto di traguardi e, soprattutto, di ripartenze. La parola a loro.

Presentatevi un po’: chi siete, quanti anni avete, che cosa studiate…

Mi chiamo Francesca, ho compiuto da poco 25 anni e sono di Modena. Dopo il liceo classico ho deciso di intraprendere la triennale di Lingue e Letterature Straniere all’università di Bologna, in cui mi sono laureata nell’estate del 2017. Giusto il tempo di appendere l’alloro alla parete, che due mesi dopo sono tornata in facoltà, ma stavolta di Medicina, qui a Modena. Ancora qualche esame e avrò concluso il mio terzo anno.

Io sono Matteo, ho anche io 25 anni e sono un dottorando dell’università di Modena. Ho frequentato la triennale e la magistrale di Ingegneria Informatica a Bologna, dopodiché ho lavorato per un’azienda locale per quasi due anni (i mesi prima della laurea a part-time e poi un anno a tempo pieno), prima di fare domanda ed essere preso per il dottorato qui a Modena. Da settembre posso dire di essere ufficialmente rientrato nel mondo universitario, formalmente come studente, ma in realtà dal lato oscuro della forza.

Gli anni in università sono fondamentali per la verifica del percorso scelto e per cominciare a farsi un’idea più chiara su cosa fare dopo. Come avete vissuto questo periodo, e quando ha cominciato a farsi strada la possibilità di un cambiamento?

F: Nel primo caso, la scelta universitaria è caduta su Lingue per la mia grande passione alle materie del corso. Ammetto, però, che già dai primi mesi ho cominciato a sospettare che il percorso che mi ero scelta, per quanto interessante, non mi soddisfacesse appieno, come se mancasse di qualcosa, che invece intuivo presente in altri corsi di studio, primo fra tutti Medicina. La concretezza, per esempio, nel rapporto con il paziente, la diagnosi dei sintomi, la pratica in ospedale: da questo mi sentivo veramente attratta, molto più che dalle prospettive che mi si aprivano con Lingue. Ho passato il test di Medicina tra il primo e il secondo anno, per poi capire che era giusto aspettare e coronare almeno il percorso della triennale con la laurea. Una volta chiuso con Lingue e rifatto il test, si è aperta la strada per Medicina.

M: Per quanto mi riguarda, il mio percorso di studi è stato più lineare rispetto a quello di Francesca. Sono sempre rimasto nell’ambito dell’Ingegneria Informatica, anche nella mia parentesi lavorativa di due anni, in cui mi occupavo principalmente di analisi dei dati. Proprio da quest’ultima esperienza posso dire è impossibile capire fino in fondo, finché si è all’università, cosa significhi entrare nel mondo del lavoro. Eppure, penso che la grande attesa di tutti i laureati in ingegneria sia proprio quella di buttarsi subito, finita la magistrale, nel mondo lavorativo: è legittimo e comprensibile anche solo per raggiungere, per esempio, un’autonomia economica, ma alle volte è anche una scelta che rischia di essere fatta perché “così fanno tutti”. E tra questi tutti, forse inconsciamente, mi sono ritrovato anche io. Eppure, dopo due anni di lavoro, ho cominciato a vedere quello che prima, finita l’università, forse non avevo ancora chiaro: che alle volte è preferibile andare controcorrente, fare scelte audaci e per passione, piuttosto che seguire la direzione comune. Per me ha significato tornare in università, e intraprendere il dottorato.

Quali sono state le difficoltà maggiori o le preoccupazioni che avete incontrato nel cambiare completamente percorso, nel caso di Francesca, o nel volerlo riprendere in mano, per Matteo?

F: Senza dubbio, la decisione di cominciare con tre anni di “ritardo” un percorso lungo come quello di Medicina non si prende certo a cuor leggero. Mi avrebbe chiesto almeno altri sei anni di studio prima di affacciarmi al mondo del lavoro: si trattava letteralmente di “ripartire da zero”, col rischio di farsi spaventare da quei trecento e passa crediti tutti ancora da conseguire. Avrei dovuto anche rivoluzionare il metodo di studio, dato che da un percorso di studi umanistici passavo a uno di tipo scientifico: non a caso, i primi esami sono state delle vere docce fredde. Ma, alla fine, la passione per Medicina che intuivo già negli anni di Lingue ha avuto la meglio, il metodo di studio si è fatto col tempo, e ora sono quasi a metà del mio percorso. È bastato mettere un mattoncino dopo l’altro, e adesso, guardando indietro, ho la consapevolezza di quanto ho costruito.

M: Come dicevo prima, una difficoltà è stata proprio quella di fare una scelta controcorrente rispetto alla direzione generale. Senz’altro il mio stipendio si sarebbe ridimensionato e per di più a ridosso dal matrimonio con Francesca. Non sarebbe nemmeno stato facile spiegare perché tornare a studiare quando il lavoro, per chi lo vede dall’esterno, è ciò che ti permette di rendere concrete le competenze acquisite. Ma sono anche convinto che ognuno abbia il suo percorso, in cui ciascuno sceglie a cosa dare priorità: c’è chi è soddisfatto del lavoro che si è trovato, chi decide di tentare la scalata al successo facendo carriera, e chi, come me, sente che i due casi precedenti spesso non bastano. E posso dire che sì, sono contento della mia scelta, di tutta la strada che ci è voluta per arrivarci, perché ha contribuito ad aprirmi gli occhi e a darmi quella chiarezza con cui vedo ora queste realtà, lavorativa e universitaria.

Un’ultima curiosità:come dicevamo all’inizio, non siete semplicemente due studenti, ma da poco vi siete anche sposati: l’essere ancora nel bel mezzo della vostra carriera accademica ha reso più o meno difficile la scelta del matrimonio?

F: Credo che molti, pensando al loro futuro, tendano a considerare come due momenti separati il periodo di studi e l’inizio di un progetto di vita. Nulla di più sbagliato! Anzi, proprio mettere insieme queste due realtà può darti una nuova prospettiva: è scoprire che quello che studi non si oppone al progetto che desideri per la tua vita, come nel nostro caso il matrimonio, ma che può esservi compreso e illuminato.

M: Spesso e volentieri, quando si è agli inizi di un percorso, si tende a ragionare secondo schemi prefissati e prevedibili: finite le superiori, intraprendo il percorso universitario  (che mi impegnerà dai tre ai sei anni in base alla facoltà), poi cercherò un lavoro che dia sicurezza economica, per poi mettere su famiglia, figli intorno ai 40 anni, e via dicendo. Ma c’è molto di più, e ognuno è libero di uscire da questo schema preconfezionato per costruirsi il proprio. Per questo non trovo inconciliabile una scelta come la nostra, quella di sposarsi da giovani, quando si è ancora in mezzo a un percorso universitario: è quello che sentiamo bello e adatto a noi, e quando è così, non c’è difficoltà o ostacolo che tenga.

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Eleonora Tampieri

Ventidue anni al mondo, ventidue a Modena, tre all'università di Lettere Moderne a Bologna. Cammino cocciutamente per la vita, tra chitarre, salite e progetti, e ogni tanto mi fermo, lungo la strada, a trovare le parole.

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