A cura di: Pietro Antonio Viola
Abbiamo tutti in mente le scene di panico al momento della chusura delle città imposta dal propagarsi della pandemia che sta cambiando lo scenario consueto della nostra quotidianità: in particolare la notte di follia vissuta a Milano con la stazione presa d’assalto e i treni gremiti da migliaia di persone legittimamente desiderose di tornare a casa, ma inconsapevoli di rischiare di diventare uno dei maggiori veicoli di diffusione del virus nel territorio nazionale. Molte di quelle persone erano studenti, probabilmente presi dal panico e dalla paura, incapaci di reagire in maniera razionale a qualcosa di sconosciuto e imprevedibile: tanti di noi avrebbero fatto lo stesso. Vale però la pena raccontare anche un’altra storia, quella di altrettanti giovani che invece hanno fatto una scelta diversa. Molti hanno preferito rinunciare al conforto della propria famiglia per garantirne la sicurezza, molti hanno preferito il sacrificio della solitudine, altri hanno volontariamente scelto di rimanere in compagnia delle persone con le quali stavano già condividendo l’abitazione al momento del restate a casa. Attraverso le parole di questa breve intervista, vorremmo provare a raccontare alcuni risvolti di questa storia.
Come mai vi trovate a vivere insieme durante questo periodo di quarantena forzata?
La quarantena per molti universitari ha implicato una decisione determinante: trascorrerla a casa con la famiglia o provare a condividerla con altri studenti?
Questa scelta ha portato noi ragazzi della comunità universitaria di Trento a vivere una forte esperienza di condivisione e crescita, seppur lontana dalle nostre famiglie. Sono diversi i motivi che ci hanno fatto restare; la comunità è ormai “casa” per molti di noi, perché qui abbiamo costruito il nostro equilibrio e la nostra indipendenza. È parso quasi naturale, soprattutto per i “veterani”, decidere di rimanere qui a Trento. Per i “new entry”, invece, questa “convivenza forzata” ha rappresentato una sfida che non volevano lasciarsi sfuggire. Altri ancora volevano poter portare avanti i propri impegni e interessi, seppur questo virus stia costringendo tutti a ridimensionare la propria vita. Qualcuno, inoltre, non era disposto a rinunciare a questo semestre, che sarà l’ultimo in comunità!
Tutti poi, non volevamo rinunciare alla nostra compagnia!
Come funziona la vostra convivenza e cosa è cambiato radicalmente rispetto a prima?
Sono cambiate molte cose in questo mese e ci siamo dati nuove regole per poter vivere in modo responsabile questo periodo, come quella di fare prevalentemente la spesa online. La quarantena ci sta portando a condividere tutti i pasti, le messe domenicali online; stiamo rispolverando passioni e hobby abbandonati, dallo sport in giardino alle schitarrate serali. Ci stiamo riscoprendo parrucchieri, panettieri e fratelli, che litigano e fanno pace, proprio come in una famiglia. E come tale stiamo imparando a ragionare, vedendo le nostre azioni nell’ottica del noi e non del singolo.
Abbiamo reinventato anche il nostro “momento ufficiale”, la cena del giovedì, che continuiamo a fare, ma online, collegandoci con gli altri ragazzi che sono tornati a casa, con Don Mauro, Francesco e Martina, le nostre guide.
Tutto questo sta portando a costruire legami autentici, che fanno della comunicazione e della franchezza i loro pilastri. Stiamo imparando ad accettare i nostri limiti e quelli altrui e, con essi, i normali sbalzi d’umore che ci sono.
Sentite pesante il vivere lontano dalle vostre famiglie in questo momento così delicato?
Un po’ di malinconia a volte sale pensando alle nostre famiglie e alle nostre comunità. Qualcuno perché è consapevole che questo momento sarebbe stata una buona occasione per recuperare il proprio rapporto con genitori e fratelli, altri invece vedono la difficoltà che stanno vivendo i propri fratelli rimasti a casa, senza la possibilità di vedere amici e coetanei. Chi perché ha la propria famiglia bloccata in diverse parti d’Italia, chi perché vede il proprio comune in difficoltà, chi semplicemente per nostalgia… tutti pensiamo a casa e ci sembra strano non poter vivere con la famiglia un momento importante come la Pasqua!
Come stanno procedendo i vostri studi? La risposta all’emergenza fornita dai vostri corsi di laurea vi sembra adeguata?
Ovviamente continuiamo a studiare, anche se la capacità di concentrazione per vari motivi si è un po’ ridotta, ma ci stiamo lavorando! La didattica online sicuramente non corrisponde alla nostra idea di università; frequentando diversi corsi di studi, abbiamo avuto risposte diverse da parte dei professori e quindi c’è chi si ritiene più e chi meno soddisfatto della soluzione raggiunta.
Quale scoperta positiva avete fatto insieme durante questi giorni di convivenza scelta, ma anche imposta?
Questa esperienza ci sta portando ogni giorno a piccole scoperte e continue conferme: insieme, confrontandoci e aiutandoci, possiamo crescere e cogliere anche aspetti positivi, nonostante la situazione. Questo virus è una sfida epocale: noi, nel nostro piccolo, proviamo ad accettarla e a superarla, consapevoli della fortuna che abbiamo.
I nostri nomi sono Alessio, Sava, Gloria, Elisa, Giovanni, Ilaria, Michele, Davide e Anna. Siamo studenti dell’università di Trento in momenti diversi della nostra vita e della nostra carriera universitaria, ma tutti accomunati dall’esperienza di comunità che portiamo avanti: viviamo insieme continuando il nostro percorso di crescita personale basandolo su quelli che ci piace chiamare “i nostri 3 pilastri”, cioè Fede, Servizio e Comunità.
Grazie di cuore ai 9 “colleghi” universitari di Trento per questa condivisione! Trovo che l’aspetto della vita comunitaria sia davvero affascinante: se vorrete condividere ancora qualche aneddoto su questa vostra esperienza di comunità (sulle motivazioni, le sfide e le difficoltà che ci possono essere) penso che sarebbe di grande aiuto per tutti quelli che ne sono attratti!