Ci guardano dall’alto
Studiare il problema dei cambiamenti climatici sulla terra allontanandosi dalla terra potrebbe sembrare paradossale. Forse però ciò di cui abbiamo bisogno è proprio cambiare prospettiva. E quale migliore prospettiva di quella dall’alto? Molto in alto. Centinaia di chilometri al di sopra delle rotte dei voli commerciali, là dove l’atmosfera diventa sempre più sottile fino a scomparire. È qui che troviamo i satelliti di osservazione terrestre, veri e propri laboratori volanti che viaggiano alla folle velocità di un proiettile da arma da fuoco. I nostri occhi sul pianeta. Da quel punto di vista privilegiato sono testimoni silenziosi di tutti i crimini che stiamo commettendo quaggiù.
Nel bene e nel male
Da venti anni misurano un vertiginoso aumento nel livello medio dei mari. Vedono le coste venire divorate dalle acque e le bianche calotte polari scomparire chilometro dopo chilometro. Guardano verso il basso e vedono un pianeta intossicato dai gas serra e soffocato da tonnellate di rifiuti. Lo scorso settembre i satelliti della costellazione JPSS della NASA hanno tracciato la catena di incendi che ha devastato la costa occidentale degli Stati Uniti, facilitando notevolmente il compito degli operatori di terra nel contenimento delle fiamme. Pochi mesi prima accadeva lo stesso con gli incendi in Australia. Allo stesso modo molti altri satelliti vengono utilizzati per monitorare i disastri naturali che sempre più spesso sconvolgono questa nostra terra: allagamenti, inondazioni, smottamenti del terreno, siccità, desertificazione e così via.
Ma se da una parte la tecnologia satellitare è testimone di sventura, dall’altra svolge un ruolo attivo nel migliorare, per quanto possibile, le condizioni di vita delle persone sulla terra. Si ricorre infatti a questi strumenti per monitorare lo stato di salute della vegetazione e delle coltivazioni. Sempre di più sono gli agricoltori che fanno affidamento sui dati in arrivo dall’orbita per ottimizzare la produzione e soddisfare il fabbisogno di una popolazione sempre più esigente. Non solo, dall’alto si ha anche la possibilità di ricercare, controllare e gestire al meglio le preziosissime risorse idriche del pianeta. È poi possibile sfruttare il punto di vista privilegiato dei satelliti per garantire un sostenibile sviluppo dell’urbanistica, ed evitare che aree sensibili, da un punto di vista ecologico e della biodiversità, vengano compromesse dall’irrefrenabile mania di asfaltare.
L’influenza dell’uomo sull’ambiente
Durante i mesi del lockdown della scorsa primavera, i satelliti dall’Agenzia Spaziale Europea (ESA) volavano sopra alle strade deserte di tutta Europa, misurando un crollo senza precedenti nei livelli di anidride carbonica e diossido di azoto: il mondo tornava a respirare. Il fatto che questo enorme cambiamento nella qualità dell’aria sia stato causato da un arresto delle attività umane della durata di pochissimi mesi, ci dà una ulteriore misura di quanto sia pesante il nostro impatto sull’ambiente. Studiando i dati riportati sul sito dell’Agenzia mi si è palesata davanti agli occhi la tragicomica possibilità di essere noi il vero “virus”.
I problemi che affliggono il nostro mondo sono ormai evidenza scientifica; abbiamo tutti gli strumenti necessari per esserne pienamente consapevoli. Ma per quanto ancora continueremo a ignorare ciò che i nostri occhi vedono dall’alto?
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