Di cosa stiamo parlando
Il secondo film di Tom Ford, più noto per la sua carriera come stilista che come regista, colpisce con questi due elementi. Animali notturni è un capolavoro registico, capace di sconvolgere con violenza l’animo dello spettatore e, allo stesso tempo, lasciarlo estasiato di fronte a quella che è, a tutti gli effetti, un’opera d’arte.
La pellicola risulta indubbiamente complessa; tanto sul piano contenutistico che su quello formale. È una discesa violenta verso i luoghi più oscuri di noi stessi, estremamente spietata quando si tratta di stravolgere quelle sicurezze delle quali la società si ammanta e, allo stesso tempo, straordinariamente profonda.
Cosa succede (spoiler alert)
La trama si svolge contemporaneamente su tre piani narrativi: il presente, il passato (vissuto attraverso alcuni flashback) e un meta-racconto che lega i primi due.
Nel presente vediamo la vita di Susan, donna bellissima e proprietaria di una galleria d’arte, che però appare subito vuota, priva o privata dell’interesse verso il suo lavoro e la società in cui vive, apparentemente condannata a un’esistenza lussuosa ma falsa, popolata da amicizie surreali, opere d’arte di dubbia bellezza e tradimenti.
La trama giunge a una svolta quando Susan riceve un manoscritto dal suo primo marito, Edward, dal quale la separano diciannove anni e un profondo senso di colpa misto a una non del tutto sopita nostalgia della vita che avevano un tempo.
Come si scoprirà attraverso i flashback, infatti, i due erano stati marito e moglie da giovani; tuttavia la sensibilità di Edward e il suo accontentarsi di una vita semplice, purché volta alla ricerca del bello, non erano stati sufficienti per Susan, abituata a uno stile di vita più borghese. La “debolezza” dell’aspirante scrittore aveva portato la ragazza a rompere con lui (benché avesse ammesso di amarlo ancora) nel modo più violento possibile: gettandosi tra le braccia di un altro uomo «irresistibile e affascinante» e, soprattutto, interrompendo la gravidanza del bambino avuto con Edward alle spalle di quest’ ultimo (anche se il tentativo di tenerglielo nascosto ha pessimi risultati).
Emblematico al riguardo è il dialogo, sempre presente in uno dei flashback, che Susan ha con la madre quando progetta di sposare Edward; momento in cui le viene preannunciato il naufragio della sua relazione proprio a causa di quei costumi borghesi da lei all’epoca aspramente criticati.
Ed ecco che il meta-racconto sgorga copioso dalle pagine del manoscritto, portando con se tutto il dolore delle azioni di Susan e sovrapponendosi alla realtà tramite uno splendido uso del montaggio formale da parte del regista (presente sia in funzione associativa – come durante la scena in cui Susan e Tony, l’alter ego di Edward nel romanzo, fanno la doccia –, che dissociativa – come nella sequenza immediatamente successiva, in cui i due personaggi sono sdraiati in posizione speculare).
Il panorama del racconto è sempre l’America, ma rappresenta precisamente tutto quello che manca al mondo reale presentato fino a questo momento: se l’orizzonte di Susan è occupato da grattacieli e opere d’arte, quello di Tony è vivido e selvaggio, di una bellezza mozzafiato e altrettanto pericoloso (anche il colore viene usato magistralmente per segnare questo contrasto: la realtà è, infatti, caratterizzata da colori chiari e freddi, mentre il racconto da tinte scure e calde).
Il manoscritto narra delle vicende di una famiglia, composta da i due genitori e una figlia, che viene assalita senza motivo durante un viaggio nel Texas. Da questa violenza gratuita uscirà vivo solo il padre che, impotente di fronte a ciò che è avvenuto, deciderà di cercare vendetta a tutti i costi.
Il romanzo, come vediamo grazie ai numerosi jumpcut, ha un effetto devastante su Susan, non tanto per la sua crudezza, bensì perché da un lato le mostra il dolore vissuto da Edward (l’intero racconto è una metafora della relazione con Susan e della sua violenta fine), mentre dall’altro, paradossalmente, le permette di tornare a sentire quelle stesse emozioni di cui l’avevamo vista svuotata all’inizio.
Forse riconquistata dallo scrittore grazie proprio a questa infusione di emozioni (a suggerircelo c’è il fatto che si tolga la fede nuziale del suo nuovo matrimonio), Susan decide di organizzare un incontro e rivederlo; tuttavia la stessa vendetta che vediamo nel romanzo ha così finalmente modo di compiersi: Edward non si presenta all’appuntamento, lasciando dunque l’ex moglie a rendersi conto di come ormai la sua vita sia definitivamente priva di ciò che la rende degna di tale nome e di come questo sia solo ed esclusivamente colpa sua.
La fragilità della vendetta
Un’ultima riflessione va spesa nei confronti della vendetta, tema centrale del film.
La pellicola apparentemente si pone in un’ottica assai peculiare rispetto alla trattazione del tema alla quale siamo abituati: se, infatti, siamo soliti sentire unicamente delle condanne nei confronti di coloro che cedono al desiderio di vendicarsi, senza che vengano prese in considerazione le motivazioni che li spingono; nel film lo spettatore è portato a soffrire con i protagonisti, empatizzando con loro, desiderando con tutto il cuore che venga fatta giustizia per ciò che è accaduto loro e, di fronte al fallimento di quest’ultima, arrivando quasi a giustificare la vendetta.
Ma è davvero questo il messaggio che vuole trasmettere Animali Notturni?
Se si prende in analisi il finale delle due storie, si vede il personaggio di Tony che, accecato dalla vendetta, alla fine cade simbolicamente vittima della stessa arma che gli ha permesso di compierla; mentre sul finale della vicenda di Edward il film non lascia intendere nulla…se non lasciando intuire che ha passato diciannove anni della sua vita alla ricerca di un modo su come vendicarsi e che, dunque, anche lui a modo suo è morto per essa.
Non è forse questa una condanna, seppur introspettiva, della vendetta?
In conclusione, il film, come ho detto, appare simile a un opera d’arte per la ricercatezza delle immagini, la splendida colonna sonora e la sublime abilità registica e interpretativa; ma ciò che lo rende speciale è come tutti questi elementi collaborino nello sconvolgere l’animo dello spettatore, lasciando certamente una ferita dolorosa, ma anche un senso di meraviglia e un terreno fecondo per delle riflessioni personali. Questo, a mio parere, è quanto di più prezioso ci possa donare l’arte del cinema.
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