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Hagia Sophia: duro colpo al dialogo interreligioso

«E il mare mi porta un po’ lontano col pensiero: a Istanbul. Penso a Santa Sofia e sono molto addolorato».
(Papa Francesco, Angelus XV Dom. tempo ordinario)

Una parola soltanto: «esotico». Ci fa balenare alla mente immagini di sultani, cammelli, deserti e danzatrici del ventre. Ebbene, nella cultura e nell’immaginario attuale il Medio Oriente ci appare un mondo lontano, esotico appunto, ma in fin dei conti le acque che bagnano la nostra Italia sono le medesime che avvolgono di flutti le coste turche. Già, perché dobbiamo ricordare che esattamente un secolo addietro la Turchia, centro dell’Impero Ottomano, estendeva le sue propaggini fin quasi nel cuore d’Europa.

La Sublime Porta si chiudeva definitivamente con la deposizione del centesimo califfo dell’Islam, il sultano Mehmet VI e oggi, in un contesto geopolitico e socio-culturale completamente mutato, si profila all’orizzonte uno scontro dai toni ideologici alquanto simile agli eventi dell’ultimo decennio di vita dell’Impero Ottomano.

Se la guerra greco-turca metteva in competizione – più politica che religiosa – la cristianità greco-ortodossa e il mondo musulmano, la recitazione dei primi versetti della sura al-Fātiḥa da parte del Presidente Turco Erdoğan del 31 marzo 2018 ha innalzato nuovamente lo stendardo ideologico a difesa di un rinnovato nazionalismo, in contrapposizione agli sforzi del primo presidente e leader del Partito Popolare Repubblicano Atatürk.

Viaggio nel tempo

In data 10 luglio 2020 il Consiglio di Stato turco dà il via libera alla ri-trasformazione del museo della Grande Hagia Sophia in moschea, accessibile soltanto ai fedeli del culto musulmano. Si prospetta un reale viaggio indietro nel tempo di cinque secoli quando, nel 1453, cadeva l’Impero Bizantino con l’assedio di Costantinopoli da parte di Mehmet il Conquistatore e la grande basilica giustinianea veniva coronata da una mezzaluna.

Tra 10 e 14 luglio il leader turco, in alcune conferenze stampa riportate dall’azienda radiotelevisiva di stato turca, comunica alla nazione e al mondo che «le prime preghiere si terranno ad  Hagia Sophia il 24 luglio»,  affermando che la conversione a moschea del monumento UNESCO rappresenta l’esercizio del diritto sovrano Stato Turco. Sottllinea che la sentenza della giustizia turca dovrà essere rispettata e ogni commento infondato sarà definito dal governo  come «una violazione della sovranità» della Turchia. Concludendo, il Presidente definisce l’evento di trasformazione come prodromo, messaggio, della libertà della Moschea al-Aqsa.

Un recente intervento dell’Economist definisce l’operato del presidente Erdoğan come una manovra nazionalistica, segnata da un pericoloso favor religionis, in contrapposizione netta alle clausule del patto gravante sul monumento. È opinione della testata inglese che il presidente turco starebbe preparando il terreno per le future elezioni, una ipotesi che conferirebbe significato anche all’accentuarsi delle repressioni delle passate settimane contro membri dell’opposizione, giornalisti, attivisti per i diritti umani, canali televisivi e università.

Quando il dialogo parla due lingue diverse (sovranismo e umanesimo globale)

Il Documento sulla Fratellanza Umana per la pace nel mondo firmato il 4 febbraio 2019 a Abu Dhabi da Papa Francesco e dallo sheikh Ahmed al-Tayyeb, grande imam di al-Azhar, ha segnato un momento storico all’interno dei rapporti di convivenza pacifica e solidale tra cristiani e musulmani.

La presa di posizione turca entra a gamba tesa in un contesto pacificato e parlante, caratterizzandosi come un duro colpo per tutte le iniziative di dialogo islamo-cristiano avviate negli ultimi tre decenni. Lo strappo di Hagia Sophia viene visto, in sostanza, come un sabotaggio ai nuovi cammini di fratellanza tra cristiani e musulmani. Il Consiglio delle Chiese del Medio Oriente (Mecc) invoca sulla vicenda una presa di posizione decisa dell’Onu e della Lega degli Stati arabi.

Il patriarca ecumenico, Bartolomeo I, ricorda come «la trasformazione di Santa Sofia, per la sua sacralità, centro vitale in cui Oriente e Occidente si incontrano, dividerebbe questi due mondi, ancor più in un momento in cui l’umanità sofferente ha bisogno di unità e di un orientamento comune». Il primus inter pares dell’ortodossia, nella liturgia del 30 giugno a Istambul, ha voluto sottolineare quanto Hagia Sophia sia un centro di vita «nel quale si abbracciano Oriente e Occidente», verso il quale «il popolo turco ha la grande responsabilità e l’onore di far risplendere la sua universalità essendo essa il luogo simbolo dell’incontro, del dialogo e coesistenza pacifica dei popoli e delle culture».

È questo il punto di non ritorno attraverso il quale la libera coscienza della cultura umana deve imparare a dialogare una sola lingua, una sola espressione globale. «Globale» infatti non è solo un aggettivo ma un’identità, che, ora più che mai, non può che appartenerci e renderci tutti combattenti di un’unica battaglia: l’evoluzione da personalismi e nazionalismi a una rinnovata globalità civile.

Per approfondire: Hagia Sophia, le reazioni (settimananews.it)

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Tommaso Toschi

29 anni ancora per molto ma tanto ancora da scoprire. Appassionato e studente di storia, curioso per natura e consumatore folle di peperoncino. L'alterità mi affascina, ma un occhio di riguardo è volto all'oriente

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