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Democravirus: il diritto di manifestare in pandemia

Lo scoppio della pandemia di Coronavirus nel mondo ha portato la maggioranza delle nazioni ad adottare misure straordinarie per cercare di limitarne la diffusione. Anche in Italia il governo ha dichiarato lo Stato di Emergenza, il che permette al Presidente del Consiglio di promulgare decreti legge senza che essi vengano approvati dal Parlamento, così da poter rispondere tempestivamente all’emergenza in corso. Ma come abbiamo visto, in alcuni stati si è sfruttata la pandemia per zittire gli oppositori, acquisire più potere, cancellare leggi e limitare i diritti dei cittadini.

Una situazione allarmante è quella di Hong Kong, regione autonoma cinese in cui da diverso tempo si assiste a manifestazioni con migliaia di partecipanti che vogliono limitare la sempre maggiore ingerenza del Partito Comunista Cinese nelle politiche della regione. Dopo lo stop alle manifestazioni durante la fase acuta dell’emergenza sanitaria, i manifestanti non si sono persi d’animo e sono tornati in piazza per protestare. Ma nelle ultime settimane, con una nuova legge firmata dal leader del Partito Comunista Cinese Xi Jinping, l’autonomia della regione di Hong Kong è stata praticamente eliminata, minacciando la sua indipendenza dallo Stato centrale. La nuova legge infatti prevede l’istituzione di una commissione speciale per la sicurezza nazionale, capace di bloccare le attività “terroristiche” ad Hong Kong con la possibilità di accusare di sovversione, secessione e collusione chiunque abbia a che fare con organizzazioni straniere, bloccando di fatto tutte le manifestazioni a favore della democrazia. L’istituzione di questa nuova legge liberticida ha portato alle dimissioni di Joshua Wong, leader dell’ormai ex movimento pro-democrazia Demosisto, segnando ormai il destino della regione di Hong Kong, che diventerà sempre più soggetta alle decisioni dello Stato Centrale cinese. Lo stesso Wong ha definito la nuova Legge sulla Sicurezza Nazionale come “la fine di Hong Kong come il mondo lo conosceva prima”.

Preoccupante è la situazione sviluppatasi in alcuni Stati in Occidente. In Ungheria il Presidente Orban è riuscito nel corso degli anni a rafforzare la sua posizione, indebolendo sempre di più la separazione dei poteri. Il Primo Ministro ungherese infatti ha sfruttato al massimo lo scoppio della pandemia chiedendo pieni poteri al Parlamento, ottenendo il totale controllo dello Stato accentrando tutto il potere nelle sue mani, diventando non di nome ma di fatto la prima dittatura all’interno dell’Unione Europea. In questi giorni si sono tenute anche le elezioni in Bielorussia, Stato in cui vige una Repubblica Presidenziale con a capo Aljaksandr Lukašėnka, considerato un vero e proprio dittatore, capace di reprimere oppositori e manipolare il voto falsando le elezioni. Il voto di quest’anno ha visto trionfare nuovamente il Presidente, con l’80% dei voti a favore, battendo la candidata dell’opposizione Sviatlana Tsikhanouskaj, moglie dello youtuber Sjarhej Tichanoŭskij, grande oppositore del Presidente Lukašėnka. L’esito delle elezioni ha scatenato grandi proteste in tutto il paese (ci sono evidenti prove che dimostrano che le elezioni sono state falsate) che hanno portato a violenti scontri e costretto la Tsikhanouskaj a fuggire in Lituania per paura di ripercussioni violente da parte del governo nei suoi confronti.

Nelle situazioni che si sono venute a creare negli Stati sopra citati, i governi più o meno democratici hanno sfruttato l’emergenza sanitaria in primo luogo per fermare manifestazioni e proteste ed in seguito per ottenere potere e controllo, giustificando il tutto come esigenze fondamentali per limitare la diffusione del virus. Queste circostanze ci ricordano quanto sia fondamentale il diritto di protestare e non dimenticarsi dei principi democratici anche in situazioni in cui un’emergenza di qualsiasi natura venga messa in primo piano. Come in qualsiasi situazione difficile, vi è sempre qualcuno disposto a sfruttare la tragedia per i propri interessi, ma quando lo fa un capo di stato o un governo in carica i risvolti possono essere di tragica portata. Leggi che possono sembrare utili e giustificate per contrastare l’epidemia potrebbero portare alla nascita o al rafforzamento di regimi autoritari che minano le libertà individuali e i diritti dei cittadini di un paese. La possibilità di manifestare non può venire meno nemmeno in epoca di pandemia.

Pensare che avvenimenti del genere si possano sviluppare in Occidente addirittura all’interno di un paese membro dell’UE come l’Ungheria, dovrebbe far scattare un campanello d’allarme. Aspettando di vedere la reazione dell’Unione, sperando che essa si impegni per portare attenzione su questi eventi e che cerchi di contrastare con forza queste tendenze, ritengo fondamentale sottolineare l’importanza del diritto di manifestare anche in epoca di pandemia e capire quando la richiesta di maggior potere da parte di un governo è attuata in difesa dei propri cittadini o per altri scopi, poiché in determinate circostanze la posta in gioco può essere il futuro democratico di un’intera popolazione.

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Andrea Perotti

Nato nel 1999, laureato in European and International Studies a Trento. Quando non mi interrogo sulla complessità del mondo, faccio sport per non andare di matto. Appassionato di economia politica, montagne e ciclismo.

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