Fa parte del linguaggio comune e, tutto sommato, ci crediamo un po’ tutti: viviamo in un’epoca narcisista. Se vogliamo citare qualche studioso a conferma di questa teoria, basta leggere l’Introduzione di Fragile e Spavaldo: ritratto dell’adolescente di oggi, di Gustavo Pietropolli Charmet (Feltrinelli, 2008). In effetti la cosa ci convince e ci sono parecchi tratti narcisistici che si possono velocemente individuare nella nostra realtà quotidiana: dal culto del proprio aspetto alla (ri)scoperta dell’importanza della salute e del benessere personali (wellness society), dall’attenzione ai propri bisogni alla fatica di impegnarsi in relazioni durature (le cosiddette «relazioni pure» di Giddens). Capiamoci bene: non sono mica tutte cose negative. Cullare in maniera equilibrata i propri tratti narcisistici è segno di salute mentale per la persona e, mutatis mutandis, per la società.
Tuttavia ci sono alcuni elementi delle dinamiche sociali di oggi che vanno in una direzione diversa. Una delle dinamiche fondamentali del narcisista è la ricerca costante del cosiddetto «rifornimento narcisistico», caratterizzato sostanzialmente dall’ammirazione per la propria persona e dalla conseguente svalutazione degli altri (McWilliams, 2012). Guardando ai personaggi e alle dinamiche della politica, dello spettacolo e della cultura di oggi, non compare (solo) questo tratto narcisistico. Non è semplicemente la svalutazione degli altri a fornire ammirazione alla persona. È anche – soprattutto? – la contrapposizione degli altri ad accrescere la statura (almeno percepita) della persona. Non è, cioè, solo essere ammirati l’obiettivo, ma individuare e avere dei nemici. Questo tratto non è più narcisistico (il narcisista di fronte al nemico tende a impaurirsi o a sottovalutarlo), ma, secondo gli studiosi, fa parte della personalità paranoide.
In altre parole, se negli ultimi quaranta anni abbiamo assistito alla canonizzazione del paradigma del self-made man (l’uomo che riesce a trovare il successo grazie alle proprie forze e al proprio fascino), oggi sembrano salire sempre più le azioni dell’against-all man, dell’uomo capace di lottare contro i nemici, i quali, ovviamente, hanno tutti e pienamente torto. La narrazione dell’eroe perseguitato, pure in salsa post-moderna, sembra tornare alla ribalta. E fare incetta di like.
Stiamo entrando, forse, in un’epoca non più solo narcisistica, ma narcisistico-paranoide. Niente di nuovo sotto il sole, certo: corsi e ricorsi storici. Tuttavia è importante sapere che mentre con la persona narcisista è difficile dialogare perché tende a non considerarti, con la persona paranoide è difficile dialogare perché quello che dici lo usa contro di te. Dunque? Dunque non serve a nulla contrapporsi “a muro” a un paranoide, ma è necessario cercare di intavolare un dialogo ragionato, senza dare carburante facile alla sua dinamica seek and destroy: se ci si pone come nemici di un paranoide, praticamente ha già vinto lui.
Mi pare di notare che questa difficoltà, a livello politico e sociale, sia molto presente e attuale. Gli ostacoli al dialogo (culturale, politico, religioso) vengono spesso dalla fatica di considerare l’altro non come una minaccia (tentazione paranoide), ma, più obiettivamente, come interlocutore. Tema di fiducia alla base? Il nucleo è sempre una sotterranea e crescente paura? Era meglio una volta, «quando non si chiudeva mai a chiave la porta»? È un processo necessario perché il mondo sta diventando sempre più violento? Analisi troppo grandi da fare senza cader nel rischio della generalizzazione e della banalità. Di sicuro, però, la sfida del futuro – e del presente – sta proprio nella ricerca di equilibrio e di nuovo dialogo tra i miei diritti e doveri e i tuoi diritti e doveri. Nella speranza che questa relazione possa essere sempre più disarmata da pregiudizi e griglie di lettura ideologiche.
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